Datore di Lavoro non Paga: Cosa Fare se lo Stipendio Non Arriva

In periodi di crisi economica come quello attuale, può capitare spesso che un datore di lavoro non riesca a pagare lo stipendio o pagarlo in ritardo. Il suo è un obbligo verso un diritto inalienabile del lavoratore subordinato, in cambio di prestazioni manuali e/o intellettuali, con accredito sul conto di quest’ultimo o consegna in mano.

Ciò avviene quando si ha un contratto sottoscritto da entrambe le parti, ma un mancato stipendio potrebbe scoraggiare il lavoratore a proseguire le sue prestazioni o, ancor peggio, logorare i rapporti con capo e colleghi. Occorre quindi chiedersi, rispettando sempre la legge, cosa fare quando il datore di lavoro non paga lo stipendio?

Cosa prevede la legge su lavoro e pagamento degli stipendi?

La Costituzione Italiana dedica grande spazio al lavoro, in particolare nei passaggi di:

  • Art. 1, ‘L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro‘, indicando che ogni cittadino italiano deve avere possibilità di lavorare
  • Art. 4, ‘La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società‘, indicando che il lavoro è un diritto e un dovere civico, che sia di natura manuale o intellettuale
  • Art. 36, ‘il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa‘, indicando che ogni compenso è diritto imprescindibile al sostentamento del lavoratore e della sua famiglia

Secondo lo Statuto dei Lavoratori (d.l. 300/1970), che ne tutela diritti, libertà e dignità, il contratto di lavoro è un vincolo tra due parti, tenute reciprocamente a rispettare precisi obblighi:

  • Il lavoratore presta la propria attività, secondo indicazioni del datore di lavoro
  • Il datore di lavoro riconosce gli sforzi versando stipendi al lavoratore, ordinari e straordinari, e contributi previdenziali, tra cui quelli destinati al TFR

Il mancato rispetto degli obblighi retributivi del datore di lavoro costituisce illecito vero e proprio, violando norme civili e talvolta penali.

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Immagine sopra: un cattivo datore di lavoro

Cosa fare quando il datore di lavoro non paga lo stipendio?

Per motivi di crisi economica o altri annessi, specialmente in piccole attività capita che un datore di lavoro non paghi uno stipendio, lo disponga in ritardo o minore di quello specificato nel contratto. Ciò può rappresentare:

  • Irregolarità tributaria, per evasione fiscale e contributiva
  • Inadempimento contrattuale, nei confronti del dipendente

Conoscendo i propri diritti (in merito a Costituzione e Statuto dei Lavoratori), in tali casi il dipendente può intervenire in diversi modi.

Richiesta informale

Primo passo da fare è richiedere il pagamento al proprio datore di lavoro, verbalmente o in forma scritta, dopo una o più scadenze non onorate previste dal contratto, solitamente mensili. Il dipendente avrà diritto a richiedere il mancato stipendio con prescrizione in 5 anni, che decorrono dalle singole mensilità inadempiute in aziende con più di 15 dipendenti e alla conclusione del rapporto di lavoro in attività con meno di 15 dipendenti.

Busta paga non firmata

Prima forma di tutela senza ricorrere a consulenze legali, in caso di stipendio mancato/arretrato il dipendente può decidere di non firmare la sua busta paga, poichè la sua firma attesterebbe l’avvenuto ottenimento del compenso. L’eventuale firma senza effettivo stipendio può penalizzare il dipendente davanti a cause ordinarie, specialmente riguardo ai tempi burocratici.

Dimissioni per giusta causa

Davanti al datore di lavoro che non paga stipendi da oltre due mesi, il dipendente ha diritto di dimettersi per giusta causa e senza preavviso: basterà una semplice lettera di dimissioni destinata al datore in cui si specifica il mancato pagamento come causa. Se maturata, si avrà comunque diritto alla disoccupazione INPS.

Conciliazione facoltativa o monocratica

Alla mancata risposta del datore di lavoro, il dipendente può rivolgersi alla DTL (Direzione Territoriale del Lavoro) per un tentativo di conciliazione facoltativa, gratuita e senza bisogno di avvocato. Basterà presentarsi alla Direzione e compilare l’apposito modello prestampato. La DTL deciderà in seguito una data d’udienza per entrambe le parti, in cui si raggiungerà un accordo con titolo esecutivo verso il datore di lavoro, immodificabile e inoppugnabile.

In caso contrario si potrà procedere con una conciliazione monocratica: analoga alla facoltativa, qualora questa fallisca permetterà agli ispettori del lavoro di recarsi presso la sede del datore per verificare eventuali violazioni di norme sul lavoro e contributi, con sanzioni amministrative fino ai 3.000 euro.

Conciliazione facoltativa e monocratica sono disciplinate dal d.l. 124/2004 e in seguito dal d.l. 23/2015 (Decreto Tutele Crescenti).

Lettera di diffida ad adempiere

Presupposti permettendo, il dipendente può affidarsi ad un avvocato esperto in diritto del lavoro e/o recupero crediti presentando un sollecito sottoscritto da quest’ultimo. L’avvocato invierà poi  lettera di diffida ad adempiere verso il datore di lavoro che:

  • Lo intimerà a versare gli stipendi il prima possibile
  • Lo metterà in mora sul mancato pagamento

Tale lettera, disciplinata dall’art. 1454 C.C., presenta funzioni extra-giudiziali sul pagamento ed è di carattere processuale: in fase di processo il giudice potrà indicare lo stipendio non pagato come comportamento contrario alla buona fede.

Decreto ingiuntivo

Qualora la lettera di diffida non porti ai risultati sperati, il dipendente assistito da avvocato può presentare ricorso al giudice del lavoro per un decreto ingiuntivo di condanna, che verrà emesso davanti a prova documentata d’esistenza di credito. Unici requisiti saranno:

  • Contratto di lavoro
  • Buste paga non pagate

Una volta ricevuto il ricorso il giudice emanerà il decreto, previa verifica dei presupposti di legge, con richiesta immediata di pagamento da parte dell’avvocato. In quel caso il datore di lavoro avrà 40 giorni di tempo per pagare gli stipendi mancati o opporsi (solo quando ha ragioni da far valere verso il dipendente). Senza nessun’azione al termine dei 40 giorni, il decreto sarà considerato titolo esecutivo per azioni forzate verso il datore.

Attraverso autodichiarazione per il ricorso, il dipendente sarà esentato da spese di notifica e Contributo Unificato se ha reddito familiare complessivo inferiore ai 34.107,72 euro.

Fondo Garanzia INPS

Rivolgendosi al Fondo Garanzia INPS, il dipendente può recuperare le ultime tre mensilità e il TFR mancati in caso d’insolvenza del datore di lavoro. Regolamentato dal d.l. 297/1982, è accessibile a:

  • Lavoratori dipendenti
  • Soci di cooperative
  • Eredi dell’avente diritto
  • Cessionari TFR a titolo oneroso

Il Fondo Garanzia INPS è finanziato da contributi obbligatori a carico dei datori di lavoro, dallo 0,2% allo 0,4% della retribuzione dei loro dipendenti.

Cosa rischia il datore di lavoro che non paga gli stipendi?

Il pagamento dello stipendio avviene solitamente su base mensile, in caso di ritardo deve comunque rientrare nel termine ultimo stabilito dal CCNL di riferimento. Il datore di lavoro che consegnerà buste paga in ritardo, con contenuti inesatti o omessi o non ne consegni affatto, rischierà sanzioni amministrative dai 150,00 ai 900,00 euro per ogni dipendente, aumentate fino al 300% per violazioni prolungate per più mensilità e/o durante decreti ingiuntivi.

A conti fatti, per difendersi il lavoratore deve conoscere nel dettaglio i suoi diritti, contando su numerosi strumenti per farli valere: seppur sconsigliate per procedure e tempi burocratici, quando gli accordi privati non porteranno risultati sarà possibile procedere per conciliazioni e vie legali.

A chi rivolgersi per farsi aiutare a riscuotere lo stipendio

Vi consigliamo di rivolgervi ad avvocati specializzati in diritto del lavoro, oppure ai sindacati, i quali hanno a disposizione consulenti specializzati in questo campo che sono specializzate in questo tipo di controversie.

 

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