Il conflitto israelo-palestinese non si combatte solo sul campo di battaglia, ma anche sul terreno della disinformazione. Negli ultimi anni, e in particolare dopo la guerra scoppiata tra Israele e Hamas nellโottobre 2023, potenze come Russia, Iran e Cina hanno intensificato campagne di propaganda e storytelling pro-palestinese mirate a influenzare media, telegiornali e opinione pubblica occidentale contro Israele. Attraverso un uso sapiente di social media, account falsi (bot), video contraffatti (deepfake) e contenuti virali, questi attori cercano di screditare Israele e i suoi alleati, alimentando narrazioni favorevoli alla causa palestinese. Dietro questa strategia non cโรจ solo il sostegno ideologico alla Palestina, ma obiettivi geopolitici ben precisi: dividere lโOccidente, minare il sostegno occidentale a Israele e persino distrarre lโattenzione dalla guerra in Ucraina, conflitto in cui Russia, Cina e Iran hanno interessi diretti. In questo articolo approfondiremo le tattiche impiegate dai troll russi, dalle cyber-milizie iraniane e dalle fabbriche di fake news cinesi; analizzeremo come queste campagne puntano a polarizzare le societร occidentali e ad alimentare sentimenti anti-israeliani; esamineremo infine come talvolta alcuni media occidentali, in modo indiretto o inconsapevole, finiscono per amplificare queste narrazioni propagandistiche.
Troll, bot e deepfake: le nuove armi della propaganda sui social
Manifestanti in Iran sventolano bandiere iraniane e palestinesi durante un corteo pro-Palestina a Teheran. Attraverso manifestazioni pubbliche e campagne online, Teheran alimenta la narrativa contro Israele, in sinergia con Russia e Cina (Foto: Vahid Salemi/AP).
Le campagne di propaganda russa, iraniana e cinese sfruttano in modo intensivo i social network, servendosi di account falsi, bot automatizzati e perfino immagini e video manipolati con lโIntelligenza Artificiale. Secondo un rapporto citato dal New York Times, allโindomani dellโattacco di Hamas del 7 ottobre 2023 circa uno su quattro profili sui social (Facebook, Instagram, TikTok e X/Twitter) che postavano sul conflitto israelo-palestinese risultava inautentico (operato da bot o falsi utenti). Questa percentuale รจ salita a oltre un terzo (33%) nelle 24 ore successive al contestato bombardamento dellโospedale Al-Ahli di Gaza del 17 ottobre. In pratica, una parte significativa del dibattito online sul conflitto รจ stata alimentata da โesercitiโ di profili fake, creati ad arte per rilanciare messaggi propagandistici su vasta scala.
La Russia dispone di collaudate troll farm e reti di bot ereditate dalle sue operazioni di interferenza passate. Non sorprende che, a partire dallโottobre 2023, i canali social legati al Cremlino abbiano quadruplicato la frequenza dei propri post, spostando il focus dallโUcraina al Medio Oriente. Uno studio del German Marshall Fund ha rilevato che, nelle 7 settimane successive allโattacco di Hamas, gli account Facebook riconducibili al governo russo hanno pubblicato 44.000 post, contro i 14.000 delle sette settimane precedenti โ un aumento di oltre il 300%. I profili ufficiali di diplomatici russi e media statali (RT, Sputnik, ecc.) hanno inondato la rete di contenuti sul conflitto israelo-palestinese, totalizzando circa 400.000 condivisioni, quattro volte la portata che avevano prima. Tra le โfake newsโ diffuse dalla propaganda russa figurano accuse infondate come lโuso di armi NATO da parte di Hamas o la presenza di istruttori britannici nei ranghi dei terroristi โ tutte narrazioni volte a dipingere Israele (e i suoi alleati) come gli aggressori o i manipolatori occulti del conflitto.
Anche la Cina si avvale di reti di disinformazione sui social, spesso denominate in gergo spamouflage (spam + camouflage) perchรฉ composte da account falsi ben mascherati. Unโinvestigazione congiunta di Voice of America e del think tank taiwanese DTL ha identificato tre distinti network di propaganda pro-Pechino su X (Twitter) โ circa 140 account fake โ che negli ultimi mesi hanno prodotto centinaia di post sul conflitto di Gaza. Oltre la metร dei contenuti condivisi da queste reti riguardava la guerra a Gaza, con particolare enfasi sul supporto militare statunitense a Israele e sulle proteste pro-Palestina nelle universitร americane ed europee. I post, apparentemente scritti da utenti comuni, in realtร seguivano il copione della propaganda cinese: meme e immagini (spesso generate o alterate via AI) accusavano Washington di essere un โmercante di guerraโ che alimenta il conflitto in Medio Oriente. In un caso, unโimmagine scioccante mostrava un neonato avvolto in un sudario insanguinato al centro di un tavolo circondato dalle bandiere di USA, Israele ed europei, con la scritta โBloody Feastโ (โbanchetto di sangueโ) โ un contenuto completamente artificiale, prodotto con tecniche di deepfake per insinuare che le potenze occidentali si nutrono del sangue dei bambini palestinesi. Molti di questi post cospirazionisti sostenevano persino che il governo USA fosse controllato da Israele o da โcabalโ ebraiche, riesumando il peggior antisemitismo mascherato da critica geopolitica.
Sul fronte tecnologico, anche lโIran non รจ rimasto indietro. Le cyber-unitร iraniane hanno sfruttato lโultima generazione di strumenti di Intelligenza Artificiale per amplificare la propaganda anti-israeliana. Un report del network di fact-checking Factnameh ha definito il recente scontro tra Iran e Israele come โla prima guerra dellโAIโ per lโuso massiccio di contenuti generati artificialmente. Ad esempio, il quotidiano statale Tehran Times ha pubblicato sul proprio account X un video intitolato โDoomsday in Tel Avivโ, che mostrava immagini aeree apocalittiche di grattacieli israeliani ridotti in macerie. Il video โ che รจ stato rapidamente smascherato dai fact-checker โ proveniva in realtร da un canale TikTok noto per creare scene di fantasia con strumenti AI. Ciรฒ non ha impedito ai media iraniani di rilanciarlo: agenzie come Fars News e Nour News hanno diffuso compilation video dal titolo โTel Aviv prima e dopo la guerra con lโIranโ, quasi interamente composte da filmati falsi e generati al computer spacciati per reali. Queste operazioni dimostrano come i regimi autoritari sfruttino sempre piรน spesso deepfake e manipolazione visiva per conferire verosimiglianza alle proprie narrazioni, creando โproveโ audiovisive di eventi mai accaduti. Il risultato รจ un flusso caotico di contenuti virali in cui รจ difficile distinguere il reale dal costruito, terreno fertile per insinuare dubbi e propagare menzogne a grande velocitร .
Infine, dietro le quinte, operano hacker e gruppi cyber militari che integrano la disinformazione con azioni offensive. Microsoft ha rilevato che dopo lโattacco di Hamas del 7 ottobre 2023 lโIran ha intensificato le sue operazioni informatiche a supporto di Hamas e della narrazione anti-israeliana. Tali operazioni includono: furti di identitร digitali (per impersonare attivisti o addirittura vittime del conflitto online), hackeraggi di infrastrutture israeliane e dei suoi alleati, e persino lโinvio massivo di messaggi allarmistici falsi (SMS, email) per seminare il panico. Secondo lโintelligence USA, queste azioni di cyberwarfare iraniana perseguono quattro obiettivi principali: destabilizzare le societร target, vendicare i nemici colpendo obiettivi simbolici, intimidire la popolazione e โ in linea con il nostro tema โ minare il sostegno internazionale a Israele. Emblematico il caso del collettivo filo-iraniano โCotton Sandstormโ, collegato ai Pasdaran: ha rivendicato attacchi informatici contro aziende israeliane e persino contro infrastrutture negli Stati Uniti, spacciandoli come atti โper lโumanitร โ e โper la Palestinaโ. In un episodio, hacker iraniani hanno manomesso i controllori logici programmabili in un acquedotto della Pennsylvania, interrompendo temporaneamente lโerogazione dโacqua, e hanno pubblicizzato lโatto come una vendetta pro Gaza. Questo intreccio tra guerra informatica e guerra dellโinformazione mostra come lโIran utilizzi ogni leva โ dai social media ai malware โ pur di sostenere la causa palestinese e colpire Israele e i suoi sostenitori sul piano globale.
Storytelling pro-Palestina: narrazioni e temi chiave della propaganda
Oltre ai mezzi tecnici, รจ fondamentale analizzare i contenuti narrativi che Russia, Iran e Cina veicolano per orientare lโopinione pubblica occidentale. Lo storytelling pro-palestinese promosso da questi attori ruota attorno ad alcuni temi ricorrenti: la rappresentazione di Israele come aggressore crudele, la sottolineatura incessante della sofferenza palestinese, lโinquadramento del conflitto come parte di una lotta piรน ampia contro lโimperialismo occidentale (in primis americano) e il parallelo implicito o esplicito con altri scenari (come lโUcraina o le minoranze musulmane in Cina). Vediamo come ciascun paese declina questi temi.
- Russia: sin dai primi giorni dopo lโattacco di Hamas, Mosca ha cercato di presentarsi come attore โequilibratoโ ma in realtร ha rilanciato narrazioni critiche verso Israele e lโOccidente. Il presidente Putin ha condannato i bombardamenti israeliani su Gaza definendoli โingiustificabiliโ, arrivando a dichiarare in un discorso che ยซsi stringono i pugni e viene da piangere guardando le foto di bambini insanguinati e uccisiยป. Allo stesso tempo, Putin attribuisce la colpa dellโescalation non a Hamas o allโIran, ma al โfallimento della politica estera americanaโ in Medio Oriente. Questa cornice narrativa equipara la guerra Israele-Hamas alla guerra in Ucraina, come se entrambe fossero tasselli di un unico scontro tra la Russia (e il fronte anti-USA) e lโOccidente a guida americana. Nei media russi il conflitto israelo-palestinese viene dipinto non tanto come questione di autodeterminazione palestinese, bensรฌ come lโennesima proxy war in cui gli Stati Uniti sarebbero dietro le quinte a muovere Israele. Ciรฒ consente al Cremlino di accreditarsi presso il pubblico globale come leader del fronte anti-egemonia USA, affiancando retoricamente la causa palestinese alla propria causa in Ucraina. Non a caso, la propaganda russa mette sullo stesso piano gli avversari: Israele e Ucraina verrebbero entrambi manovrati da Washington, mentre Hamas e Russia (per quanto diversissime) condividerebbero lโopposizione allโordine unipolare americano. Nei talk show russi, il conflitto in Medio Oriente viene usato per โnormalizzareโ la guerra: mostrando quotidianamente immagini di bombardamenti a Gaza, si abitua il pubblico allโidea che le guerre (comprese quelle scatenate da Mosca) siano un fenomeno dilagante e inevitabile nel mondo di oggi. Un tema specifico amplificato dalla disinformazione russa รจ lโidea che lโOccidente abbia abbandonato lโUcraina per concentrarsi su Israele: media statali russi hanno sostenuto, rivolgendosi al pubblico ucraino, che Europa e USA โstanno voltando le spalleโ a Kiev per sostenere Tel Aviv, insinuando che Kyiv farebbe meglio ad affidarsi alla Russia come unico alleato. Lโex presidente Medvedev ha persino affermato sarcasticamente che โlโUcraina รจ invidiosa di Israeleโ per lโattenzione e gli aiuti che questโultimo riceve dagli Stati Uniti. Si tratta di un chiaro tentativo di alimentare il risentimento ucraino verso lโOccidente, spingendo la narrativa che Ucraina e Israele siano in competizione per le risorse occidentali. Nel complesso, lo storytelling russo mira a collegare il teatro ucraino e quello mediorientale in un unico affresco: ovunque, secondo Mosca, ci sarebbe un popolo (russo, arabo) che combatte lโoppressione o lโingerenza occidentale; e ovunque il colpevole ultimo sarebbe Washington. Questo messaggio, rivolto tanto al pubblico interno quanto a quello internazionale, serve a giustificare lโinvasione russa dellโUcraina presentandola come parte di una piรน ampia lotta contro lโimperialismo, accostando lโimmagine di Putin a quella di un paladino anti-americano al pari di altri leader del โfronte della resistenzaโ (Iran, Hamas, ecc.).
- Iran: la Repubblica Islamica, storicamente ostile a Israele, ha colto lโoccasione del conflitto per rilanciare la sua retorica rivoluzionaria contro lo โStato sionistaโ. I leader iraniani โ dallโAyatollah Khamenei ai vertici dei Pasdaran โ hanno definito lโoffensiva israeliana su Gaza un โgenocidioโ dei palestinesi. Tehran non solo appoggia Hamas politicamente e militarmente (tramite finanziamenti e il sostegno di proxy come Hezbollah), ma cerca di guidare ideologicamente il fronte anti-israeliano a livello globale. Una peculiaritร della propaganda iraniana รจ lโappello diretto ai musulmani e ai movimenti di protesta in Occidente: Khamenei in persona ha pubblicato nel 2024 una โlettera aperta ai giovani occidentaliโ, diffusa con hashtag come #Letter4U, in cui esorta le nuove generazioni in Europa e America a schierarsi โdalla parte giusta della storiaโ supportando la Palestina. Tale lettera รจ stata spammata sui social da account filogovernativi in modo coordinato, al punto che unโanalisi ha riscontrato che circa il 10% di oltre 4.500 profili Twitter/X che rilanciavano lโhashtag erano stati creati ex novo nel 2024, molti con biografie simili โ un forte indicatore di โcomportamento inautentico coordinatoโ riconducibile a Tehran. Anche se queste campagne digitali iraniane non sempre riescono a diventare virali in Occidente, lโobiettivo secondario รจ alimentare la propaganda interna: i media di regime in Iran enfatizzano qualunque protesta anti-israeliana nei campus USA o UE per rivendicare che la โRivoluzione islamicaโ stia ispirando i giovani occidentali. Oltre alla dimensione religiosa e โanti-sionistaโ, lโIran inserisce la questione palestinese in una piรน ampia narrazione di resistenza allโoppressione ovunque nel mondo islamico. Da un lato, incita lโunitร musulmana contro Israele; dallโaltro, cerca di distrarre lโattenzione dalle proprie colpe interne (come la repressione delle proteste o le accuse di violazioni dei diritti umani) puntando il dito sulle colpe di Israele. Un aspetto rilevante รจ il tentativo iraniano di pilotare le proteste allโestero: agenzie culturali legate al regime hanno invitato esplicitamente universitร e centri islamici nel mondo a mobilitarsi contro Israele. Si calcola che Teheran finanzi ogni anno lโinvio di migliaia di โmissionariโ e propagandisti allโestero, e molti quadri con legami militari o di intelligence iraniana hanno trascorso periodi di studio in occidente, familiarizzando con i punti deboli delle societร libere per poterli sfruttare. Tutto questo sforzo รจ funzionale a una strategia di lungo periodo: legittimare agli occhi dei musulmani (e non solo) la leadership iraniana quale baluardo della causa palestinese, e al contempo erodere la legittimitร morale di Stati Uniti, Israele e alleati. Ogni accusa mossa a Israele โ per crimini di guerra, apartheid, genocidio โ viene rilanciata dalla macchina propagandistica iraniana con toni accesi, nel tentativo di consolidare un fronte globale anti-israeliano che includa sia il โSud globaleโ sia fasce di opinione pubblica occidentale piรน sensibili al tema dei diritti umani dei palestinesi.
- Cina: Pechino ha tradizionalmente mantenuto una posizione piรน prudente sul conflitto mediorientale, data anche la sua storica politica di non intervento. Tuttavia, con lโaggravarsi della guerra di Gaza, la disinformazione cinese ha cominciato a riflettere e amplificare narrative allineate a quelle russe e iraniane, seppur con uno stile peculiare. Ufficialmente la Cina si propone come attore neutrale e mediatore: ha chiesto cessate-il-fuoco immediato e colloqui di pace, e i suoi diplomatici si sono dichiarati โamici di entrambe le partiโ. Ma dietro la facciata, media statali cinesi come Xinhua e i portavoce del Ministero degli Esteri hanno diffuso messaggi in sintonia con la propaganda anti-occidentale. Il 7 ottobre 2024 (primo anniversario dellโinizio della guerra Hamas-Israele), Xinhua ha pubblicato uno speciale in cui attaccava apertamente gli Stati Uniti, accusandoli di aver โtarnito in modo significativo la propria reputazione in Medio Orienteโ a causa del sostegno militare e diplomatico fornito a Israele. In altre parole, Pechino sposa la linea che Washington รจ la vera responsabile delle sofferenze a Gaza, in quanto arma Israele e ne copre le azioni alle Nazioni Unite. Un portavoce del governo cinese, in un post su X, ha rincarato la dose ricorrendo al whataboutism: โIl โgenocidioโ nello Xinjiang? Guardate la vostra storia e quello che succede a Gaza prima di parlareโ. Unโaffermazione tagliente che rivela molto: la Cina usa Gaza come strumento di propaganda difensiva, per rispondere alle accuse occidentali sui campi di detenzione degli uiguri nello Xinjiang. Il messaggio รจ chiaro: gli Stati Uniti (che definiscono โgenocidioโ la repressione cinese degli uiguri) non avrebbero alcuna autoritร morale, visto che sono complici โ a detta di Pechino โ di un genocidio a Gaza. Questa equivalenza mira a invalida le critiche occidentali sui diritti umani in Cina, dipingendo gli americani (e gli europei a traino) come ipocriti: โpuntano il dito contro di noi, ma intanto appoggiano Israele che massacra i palestinesiโ. Al contempo, la propaganda cinese cerca di sfruttare la guerra di Gaza per erodere lโimmagine globale degli USA e seminare sfiducia. Funzionari e media di Pechino ripetono che gli Stati Uniti destabilizzano ogni regione in cui intervengono (Ucraina ieri, Medio Oriente oggi) e che il loro supporto a Israele li rende corresponsabili di crimini odiosi. Questo rientra in una narrazione piรน ampia in cui la Cina si propone come potenza responsabile e pacificatrice, contrapposta a unโAmerica bellicosa e egemonica. Non a caso, mentre accusa gli USA, Pechino cerca di mostrarsi neutrale o addirittura propositiva: ad esempio, ha ospitato delegati israeliani e palestinesi in vari contesti, e propaganda la propria iniziativa di โVia della Setaโ come modello di cooperazione pacifica (in contrapposizione alle guerre fomentate dagli americani). In definitiva, la disinformazione cinese su Israele ha un duplice scopo: sul piano interno, giustificare le proprie politiche (vedi Xinjiang) e alimentare il nazionalismo distogliendo lโattenzione dalle magagne cinesi; sul piano esterno, inserirsi nel coro anti-occidentale per guadagnare consenso nel Sud del mondo e tra i critici dellโOccidente, presentando la Cina come leader di un ordine multipolare piรน equo. Anche se la Cina non ha un coinvolgimento diretto sul campo come lโIran, il suo soft power mediatico amplifica e legittima la narrativa che Israele e USA siano oppressori mentre chi vi si oppone (dai palestinesi ai cinesi stessi sui loro temi interni) ha ragione di farlo.
Un ultimo elemento narrativo da evidenziare รจ la tendenza di Russia, Iran e Cina a fondere i vari temi per massimizzare lโimpatto propagandistico. Ad esempio, i network di disinformazione cinesi non si sono limitati a parlare di Gaza, ma hanno collegato forzatamente tra loro vicende disparate per creare indignazione: in alcuni post pro-Pechino, i fondi americani allโUcraina e a Israele venivano messi in relazione perfino con calamitร naturali negli USA (come lโuragano Helene) insinuando che โgli ebrei al governoโ dirottassero i soldi dei contribuenti verso guerre allโestero invece di aiutare le vittime americane. Questa bizzarra teoria del complotto (che sostiene โFEMA, tutti ebrei, hanno rifiutato gli aiuti ai nostri concittadini per darli agli stranieri perchรฉ odiano lโAmerica!โ) mostra come la propaganda non abbia limiti nel mescolare antisemitismo, antiamericanismo e qualunque evento utile a seminare rabbia e confusione. Allo stesso modo, la Russia ha strizzato lโocchio a platee occidentali eterogenee (estrema destra ed estrema sinistra) modulando i messaggi: ai pubblici di destra in Europa evidenzia temi come la minaccia dellโimmigrazione e dellโIslam radicale se Gaza esplode, mentre ai pubblici di sinistra rimarca gli aspetti umanitari e anti-imperialisti della causa palestinese. Questa camaleontica capacitร di parlare a โdestra e sinistraโ รจ un marchio di fabbrica della disinformazione russa, giร vista su altri temi, e viene riutilizzata per massimizzare la portata delle narrative anti-Israele in Occidente. In sintesi, lo storytelling pro-palestinese promosso da questi regimi autoritari รจ ben lontano dallโessere un semplice sostegno genuino ai diritti dei palestinesi: รจ piuttosto un mezzo per un fine, uno strumento narrativo con cui colpire lโavversario occidentale sul piano dellโimmagine e della cohesione interna.
Obiettivi delle campagne: dividere lโOccidente e distrarre dallโUcraina
Perchรฉ Russia, Iran e Cina investono tanto impegno nel manipolare la narrazione sul conflitto israelo-palestinese? Al di lร delle dichiarazioni di principio (il sostegno alla causa palestinese, lโopposizione allโโarroganza sionistaโ, ecc.), esistono precisi interessi strategici che questi paesi perseguono. In particolare, due obiettivi emergono chiaramente: dividere lโopinione pubblica occidentale creando spaccature interne e distogliere lโattenzione (e le risorse) dallโUcraina.
Il primo obiettivo โ polarizzare lโOccidente sul tema Israele-Palestina โ รจ portato avanti soprattutto dalla propaganda russa, ma anche Iran e Cina vi contribuiscono. La guerra di Gaza รจ un tema emotivamente carico che in Europa e America taglia trasversalmente societร e schieramenti politici: da un lato vi sono i sostenitori di Israele (per motivi di sicurezza, vicinanza culturale o empatia verso le vittime israeliane), dallโaltro i sostenitori della Palestina (per solidarietร umanitaria verso i civili di Gaza o per affinitร ideologica con lโanti-imperialismo). La disinformazione mira ad esasperare questa divisione, spingendo ciascun fronte verso posizioni piรน estreme e diffidenti verso lโaltro. Come osserva Politico, per Putin la guerra in Medio Oriente รจ โunโoccasione dโoro per seminare divisione tra i nemici occidentaliโ. A colpi di post e fake news, il Cremlino alimenta il conflitto narrativo tra chi sta con Israele e chi sta con la Palestina, sperando che ciรฒ indebolisca la coesione nazionale nei paesi NATO. In Francia, ad esempio, si รจ visto un preoccupante aumento di atti di antisemitismo e tensioni sociali durante il conflitto. Le autoritร francesi hanno denunciato che account collegabili alla Russia hanno amplificato sui social immagini di Stelle di David tracciate sui muri di Parigi, per far credere a una diffusione capillare di segnali anti-ebrei e alimentare la paura. Il Ministero degli Esteri francese ha accusato una rete di bot โaffiliata alla Russiaโ di aver orchestrato questa campagna, volta a โcreare tensioniโ tra comunitร e a esacerbare il clima tra sostenitori di Israele e Palestina. Anche se Mosca ha negato coinvolgimenti, funzionari europei hanno confermato in via riservata che lo scopo ultimo di tali attivitร รจ spingere le proteste pro e contro Israele a livelli di scontro sempre maggiori, fin quasi a minare lโordine pubblico. Il monito รจ chiaro: โquello che accade online non rimane piรน solo onlineโ, ha dichiarato un funzionario europeo, evidenziando il nesso tra incitamento in rete e violenze nel mondo reale.
Unโaltra leva per dividere lโOccidente รจ sfruttare lโonda delle proteste. Le piazze occidentali dopo ottobre 2023 si sono riempite sia di manifestazioni pro-Palestina (anche imponenti, da Londra a Washington) sia di manifestazioni pro-Israele. La propaganda russa e alleate ha interesse a incoraggiare le manifestazioni piรน radicali e a dare loro massima visibilitร mediatica. Ad esempio, i media iraniani hanno celebrato le grandi marce in Europa contro i bombardamenti su Gaza come prova che โil popolo occidentale รจ con la Palestinaโ. Contestualmente, i canali filo-russi hanno sottolineato ogni episodio di disordine o scontro ai cortei per dipingere le democrazie occidentali come instabili e ipocrite (repressive con i propri cittadini quando protestano per Gaza). In sintesi, un Occidente diviso internamente sullโappoggio a Israele diventa per questi regimi un Occidente piรน debole e meno capace di sostenere politiche estere robuste.
Il secondo obiettivo cruciale รจ distogliere lโattenzione dallโUcraina. Per la Russia questo รจ praticamente un imperativo: lโinvasione dellโUcraina, iniziata nel febbraio 2022, ha posto Mosca sotto una pressione diplomatica, economica e mediatica senza precedenti. Ogni distrazione internazionale da quel conflitto รจ ossigeno per il Cremlino. Lโesplosione della guerra in Medio Oriente nellโottobre 2023 รจ stata vista come unโopportunitร provvidenziale: improvvisamente lโUcraina non era piรน in prima pagina, i notiziari di tutto il mondo aprivano con Gaza e i corridoi umanitari, e nelle cancellerie occidentali iniziava il dibattito su come bilanciare gli aiuti fra Kiev e Tel Aviv. Un analista occidentale ha osservato: โDistogliere lโattenzione dallโUcraina รจ solo un bene per la Russia. Piรน lโopinione pubblica occidentale si concentra su Israele-Hamas, meno presta attenzione al fatto che i Parlamenti stanno per tagliare i fondi allโUcrainaโ. Questa citazione evidenzia bene la strategia russa: sfruttare la guerra in Gaza come un enorme diversivo. Non a caso, a guerra di Gaza iniziata, lโoutput mediatico russo sullโUcraina รจ calato e in molti casi ha iniziato a intrecciare i due conflitti. Ad esempio, la propaganda di Mosca ha iniziato a ripetere che โlโOccidente non puรฒ combattere due guerre per procura contemporaneamenteโ e che quindi lโUcraina verrร sacrificata per Israele. Il messaggio, rivolto sia agli ucraini sia allโopinione pubblica occidentale, รจ che il supporto a Kiev non reggerร a lungo, perchรฉ USA e UE preferiranno investire in Medio Oriente. Oltre a seminare pessimismo in Ucraina, ciรฒ mira anche a creare risentimento negli ambienti filoucraini verso Israele, come se le due cause fossero in competizione (una narrativa tossica che erode la solidarietร reciproca).
Va sottolineato che lโobiettivo di distrazione non รจ solo russo. Anche lโIran beneficia enormemente dal vedere lโattenzione mondiale spostarsi sul conflitto israelo-palestinese, perchรฉ questo distoglie dai comportamenti iraniani stessi (programmi nucleari, repressioni interne, ingerenze regionali). Ogni condanna internazionale rivolta ad Israele รจ una condanna in meno rivolta a Teheran. Non sorprende quindi che Tehran abbia incoraggiato lโescalation โ attraverso i suoi proxy come Hamas e Hezbollah โ proprio in un periodo in cui lโIran era sotto i riflettori per questioni nucleari e diritti umani. Alcuni analisti ritengono che lโattacco di Hamas del 2023, sebbene non ordinato direttamente dallโIran, rientrasse comunque in una strategia iraniana di โdistrazione strategicaโ volta a ridurre la pressione sullโalleato russo in Ucraina e al contempo mettere in difficoltร Israele e gli Stati Uniti sul nuovo fronte.
In definitiva, queste campagne di disinformazione hanno il comune denominatore di servire gli interessi geopolitici di chi le orchesra. Iran, Russia e Cina condividono lโostilitร verso lโordine internazionale dominato da Occidente e la volontร di ridefinire gli schieramenti globali. Appoggiando la narrativa pro-Palestina, essi sperano di: attirare simpatie nel Sud globale (dove la causa palestinese risuona), spaccare lโunitร occidentale su valori e politica estera, logorare la posizione americana presentandola come fonte di instabilitร , e guadagnare tempo e margine di manovra su altri dossier caldi (Ucraina, Taiwan, sanzioni, nucleare iraniano, ecc.). Come sintetizzato da un ex funzionario USA, โsono in competizione geo-strategica con gli Stati Unitiโฆ e capiscono che quando Israele, il principale alleato USA in Medio Oriente, รจ invischiato in una guerra del genere, ciรฒ indebolisce gli Stati Unitiโ. Questa frase, riferita a Russia e Cina, spiega bene perchรฉ quei governi brindino segretamente a ogni difficoltร di Israele: non รจ tanto gioia per le sventure israeliane in sรฉ, ma la consapevolezza che Washington ne esce indebolita sul piano globale. In un mondo di risorse e attenzioni limitate, piรน lโOccidente deve occuparsi di Gaza, meno potrร contrastare Mosca in Europa, contenere Pechino in Asia o isolare Tehran.
Media occidentali e โcassa di risonanzaโ involontaria
Un aspetto delicato e complesso di questa guerra dellโinformazione riguarda il ruolo dei media occidentali. Pur essendo vittime essi stessi di campagne di disinformazione, talvolta alcuni media (TV, giornali, siti web dโinformazione) agiscono โ del tutto inconsapevolmente โ come amplificatori delle narrazioni volute da Mosca, Tehran o Pechino. Ciรฒ avviene principalmente a causa della velocitร con cui si diffondono notizie e immagini sui social e della pressione a riportare subito notizie sensazionali, specie in scenari di guerra caotici. Analizziamo qualche esempio in cui la copertura mediatica occidentale ha, di fatto, dato eco a informazioni dubbie o manipolate provenienti da fonti ostili.
Il caso piรน eclatante รจ probabilmente quello dellโospedale Al-Ahli di Gaza. La sera del 17 ottobre 2023, una terrificante esplosione colpisce lโarea dellโospedale causando molte vittime. Immediatamente le autoritร di Hamas accusano Israele di aver bombardato deliberatamente la struttura e parlano di 500 morti. La notizia rimbalza in tempo reale sui social e poi sui media internazionali. Numerose testate occidentali, affidandosi alle fonti locali di Gaza (controllate da Hamas), titolano che Israele ha colpito un ospedale pieno di civili uccidendone centinaia. Il New York Times, ad esempio, pubblica inizialmente un articolo in cui attribuisce la colpa a Israele e riporta il bilancio di 500 morti fornito dai palestinesi. Solo in seguito, con lโemergere di evidenze opposte (intelligence americana, immagini satellitari, analisi indipendenti) che indicavano invece un razzo fallito della Jihad Islamica come causa dellโesplosione, la veritร ha iniziato a farsi strada. Ma il danno era fatto: quella notte proteste infuocate scoppiarono davanti alle ambasciate israeliane in vari paesi arabi, alimentate dallโindignazione per il โmassacro dellโospedaleโ. A distanza di qualche giorno, il New York Times ha pubblicato una nota di biasimo rivolta a se stesso, ammettendo che la sua copertura iniziale โaveva fatto troppo affidamento sulle dichiarazioni di Hamasโ e โnon aveva avvisato i lettori che tali affermazioni non erano immediatamente verificabiliโ. In pratica, uno dei piรน prestigiosi giornali al mondo ha riconosciuto di aver diffuso (seppur in buona fede) la versione dei fatti di Hamas senza le dovute cautele, dando ai lettori unโimpressione sbagliata. I redattori del NYT hanno ammesso che, vista la sensibilitร della notizia e la grande visibilitร data (titolo, notifiche push, social), si sarebbe dovuto essere piรน prudenti e chiari sui limiti delle informazioni disponibili. Analoghi mea culpa sono arrivati anche da altri media: ad esempio Politico ha riportato che molte testate internazionali allโinizio โsi sono appoggiate troppo alle fonti di Hamasโ nel raccontare lโepisodio. Questo incidente รจ estremamente istruttivo: dimostra come lโecosistema mediatico occidentale possa inconsapevolmente amplificare una narrativa distorta (in questo caso di Hamas, ma potenzialmente di qualsiasi attore malintenzionato) quando la pressione della notizia รจ altissima e le fonti indipendenti scarseggiano. Vale la pena ricordare che il racconto del โbombardamento deliberato dellโospedaleโ รจ stato โ ed รจ tuttora โ uno dei cavalli di battaglia della propaganda russa, iraniana e cinese per accusare Israele di crimini di guerra e dipingere lโOccidente come complice. Quelle prime ore di copertura mediatica titubante hanno fornito a Mosca, Tehran e Pechino munizioni propagandistiche formidabili, poi difficili da disinnescare anche a fronte di smentite.
Un altro esempio di inconsapevole complicitร mediatica riguarda la diffusione di immagini e video non verificati. Durante le guerre moderne, i social network pullulano di video strazianti, foto di vittime, scene di distruzione โ e purtroppo anche di contenuti decontestualizzati o falsificati. Puรฒ capitare che testate giornalistiche, nel tentativo di mostrare โcosa succede sul terrenoโ, riprendano filmati circolati online senza averli potuti verificare al 100%. Cosรฌ, puรฒ finire nei telegiornali un video di esplosione presentato come di quel giorno a Gaza ma magari risalente ad anni prima in Siria. Oppure interviste a civili in cui questi (magari sotto pressione di Hamas) forniscono cifre o accuse che poi vengono smentite. Ogni volta che un media mainstream occidentale commette un errore di questo tipo, la macchina propagandistica di Russia e Iran รจ pronta a saltarvi sopra: da un lato, usano quellโerrore per dire โvedete? Anche i media occidentali confermano la nostra versione (o mentono di proposito)โ, dallโaltro alimentano la sfiducia generale verso i media accusandoli di incompetenza o faziositร . Un clima di sfiducia nei confronti della stampa libera occidentale รจ esattamente ciรฒ che la propaganda autoritaria desidera ottenere, perchรฉ spinge parte del pubblico a rivolgersi a fonti โalternativeโ (dove spesso la propaganda prospera senza filtro).
Da segnalare รจ anche il fenomeno per cui alcuni influencer o commentatori occidentali, magari in buona fede, finiscono per rilanciare narrazioni provenienti da Mosca o Tehran. Ad esempio, teorici del complotto noti in ambienti no-vax o anti-establishment dopo il 7 ottobre 2023 hanno subito diffuso lโidea (propagata inizialmente da fonti iraniane e russe) che lโattacco di Hamas fosse in realtร una โfalse flagโ organizzata dal governo israeliano stesso per giustificare una guerra su Gaza. Questa teoria, completamente infondata, ha perรฒ trovato spazio su alcuni blog e canali Telegram occidentali, e da lรฌ รจ tracimata su Twitter e persino in alcuni programmi TV di nicchia, contaminando una parte del dibattito pubblico con unโidea originata dalla disinformazione russa (che ama le teorie โcospirazionisteโ per spiegare eventi complessi).
Cโรจ poi lโaspetto delle pressioni e minacce ai giornalisti. Sia la Russia che lโIran cercano di condizionare la copertura mediatica estera attraverso un mix di carota e bastone: invitano reporter โamiciโ su posti di lavoro ben pagati (ad esempio, reti come RT e PressTV hanno assunto occidentali che spesso finiscono per seguire la linea editoriale imposta) e attaccano ferocemente i giornalisti critici. Un esempio recente: dopo lo scoppio della guerra di Gaza, sui social network russi e filoiraniani si sono moltiplicate le campagne diffamatorie contro reporter occidentali di origine ebraica, accusati pretestuosamente di essere โagenti del Mossadโ o di mentire per coprire Israele. Questi attacchi, spesso anonimi ma coordinati, possono indurre alcuni giornalisti a essere piรน cauti nel riportare notizie contrarie alla narrazione filo-palestinese, per timore di essere bersagliati.
Infine, bisogna considerare che i media occidentali โ impegnati a garantire copertura equilibrata โ danno spazio anche alle voci palestinesi e critiche di Israele, come รจ giusto che sia. Tuttavia, in qualche caso, questo spazio puรฒ essere sfruttato da abili propagandisti. Ad esempio, nei giorni successivi al 7 ottobre, varie testate TV europee hanno intervistato portavoce di Hamas (a volte senza contraddittorio), i quali hanno potuto lanciare messaggi propagandistici a un vasto pubblico internazionale. Se da un lato intervistare โlโaltra parteโ รจ parte del dovere giornalistico, dallโaltro queste piattaforme offrono a organizzazioni terroristiche o regimi autoritari unโoccasione per legittimarsi e diffondere la propria versione (spesso costellata di bugie) in occidente. Alcune reti sono state criticate per aver mandato in onda non verificata la cifra di 10.000 vittime a Gaza comunicata dalle autoritร di Hamas, oppure per aver ripreso senza contestualizzazione accuse come quella (falsa) sulle forze israeliane che avrebbero decapitato 40 bambini in un kibbutz. Anche se queste notizie vengono poi corrette o smentite, intanto sono entrate nel circuito informativo e vengono continuamente rilanciate sui social da chi vuole crederci.
In conclusione, i media occidentali si trovano a combattere su un terreno impervio: devono informare rapidamente su guerre lontane e complesse, sotto la pressione di enormi quantitร di dati (in parte inquinati), cercando al contempo di non farsi strumentalizzare. Gli errori capitano, e quando accade i regimi della disinformazione ne approfittano. La lezione che se ne trae รจ lโimportanza di un giornalismo rigoroso e paziente: verificare le fonti, segnalare cosa รจ confermato e cosa no, evitare titoli sensazionalistici su notizie non sicure. Al contempo, รจ essenziale che il pubblico sviluppi spirito critico e media literacy: capire che in una guerra dellโinformazione siamo tutti potenziali bersagli, e che non ogni notizia condivisa migliaia di volte รจ necessariamente vera. Le redazioni giornalistiche serie stanno giร rafforzando i propri protocolli di verifica (come promesso ad esempio dai direttori del New York Times dopo il caso dellโospedale) e collaborano con analisti OSINT per filtrare i materiali provenienti dai social. Solo cosรฌ il quarto potere potrร evitare di divenire, suo malgrado, un megafono aggiuntivo dei professionisti della disinformazione.
Fonti e riferimenti di alta qualitร
- ICCT โ How Russia uses the Israel-Gaza Crisis in its disinformation campaign against the West โ Unโanalisi del think-tank International Centre for Counter-Terrorism sulle narrative russe riguardo al conflitto Israele-Hamas, con esempi delle dichiarazioni di Putin e delle tattiche di distrazione dalla guerra in Ucraina.
- POLITICO โ Putin hijacks Israel-Gaza war to fuel tensions in the West โ Articolo investigativo che descrive come la macchina di disinformazione del Cremlino abbia sfruttato la guerra in Medio Oriente per seminare divisioni in Occidente e distogliere attenzione dallโUcraina. Include dati sullโaumento di attivitร dei social russi (+400% post) e casi di bot russi attivi in Europa (es. il caso delle stelle di David a Parigi).
- The Times of Israel / AP โ Russia, China and Iran are backing Hamas online โ report โ Resoconto (basato su fonti del New York Times e dichiarazioni di funzionari USA) sullโโasseโ informativo tra Iran, Russia e Cina a supporto di Hamas. Offre statistiche impressionanti sul ruolo dei bot (25% dei profili sul conflitto erano fake) e sulla mole di propaganda anti-Israele online.
- EDMO (European Digital Media Observatory) โ The First AI War: How the Iran-Israel Conflict Became a Battlefield for Generative Misinformation โ Studio dettagliato sul ruolo dei contenuti generati da AI nella propaganda iraniana durante il conflitto con Israele (2024-25). Descrive casi concreti di video deepfake diffusi da media iraniani (es. โDoomsday in Tel Avivโ) e spiega perchรฉ questa guerra dellโinformazione rappresenta una svolta tecnologica.
- TIME โ Iranโs Futile but Revealing Attempts to Influence U.S. Campus Protests โ Articolo a firma di Farhad Souzanchi (fact-checker iraniano) che esamina le tattiche dโinfluenza iraniane durante le proteste pro-Palestina nelle universitร americane nel 2023-24. Illustra la campagna di Khamenei delle Lettere ai Giovani Occidentali e le attivitร di cyber-enabled influence dellโIran post-7 ottobre 2023, citando un rapporto Microsoft sui 4 obiettivi delle operazioni informative iraniane (destabilizzare, intimidire, vendicare, minare sostegno a Israele).
- VOA News โ Chinese spamouflage campaign highlights US support for Israel โ Inchiesta di Voice of America (in collaborazione con DTL) sulle reti di disinformazione cinesi (spamouflage) attive sul tema Gaza. Contiene esempi di immagini AI e post anti-USA diffusi da account falsi cinesi, e analizza la narrativa cinese che accusa gli Stati Uniti di ipocrisia e di alimentare la guerra in Medio Oriente. Include anche commenti di esperti (Atlantic Council) sul perchรฉ Pechino sfrutti Gaza per difendersi dalle accuse su Xinjiang.
- Washington Post โ A flood of misinformation shapes views of Israel-Gaza conflict โ Articolo (Elizabeth Dwoskin, 14 Ott 2023) che fornisce un quadro dellโondata di misinformazione/disinformazione nei primi giorni della guerra. Nota come gran parte delle false notizie allโinizio provenissero dallโinterno della regione e discute anche del ruolo (allโepoca limitato) di attori stranieri, citando un analista di Mandiant. Utile per contestualizzare lโevoluzione temporale della propaganda.
- KATV/The National Desk โ NY Times admits it ‘relied too heavily’ on Hamas claims in Gaza hospital bombing coverage โ Articolo sul caso del report errato dellโospedale di Gaza. Riporta stralci della nota dei redattori del NYT in cui riconoscono lโerrore e la mancanza di dovuta cautela nel citare fonti di Hamas. Serve come esempio di riflessione critica occidentale sugli errori mediatici che possono favorire la propaganda avversaria.
- Time of Israel / AP โ NY Times editors admit paper got it wrong on Gaza hospital blast โ Un altro resoconto del mea culpa del New York Times sul caso dellโospedale Al-Ahli, evidenziando la frase: โle prime versioni della copertura facevano troppo affidamento sulle dichiarazioni di Hamas, senza chiarire che quelle affermazioni non potevano essere verificate immediatamenteโ.
- Politico Europe โ New York Times admits error in Gaza hospital report โ Breve articolo che sintetizza lโeditorโs note del NYT sottolineando come i media dovrebbero essere piรน cauti nel riprendere informazioni non verificate provenienti da parti in conflitto.
- Atlantic โ How the Media Got the Hospital Explosion Wrong โ Analisi (The Atlantic) su come e perchรฉ molti media siano caduti in errore inizialmente nel riportare lโepisodio dellโospedale di Gaza, con spunti utili sulle dinamiche della copertura nelle breaking news (non citato sopra ma indicato come approfondimento qualitativo).
- ISD Global โ Conflict Amplified: Disinformation and Hate in the Israel-Hamas War โ Rapporto del Institute for Strategic Dialogue (novembre 2023) che documenta esempi concreti di disinformazione emersa durante la guerra (deepfake, narrative antisemitic, ecc.) e il ruolo di diversi attori. Utile per comprendere il quadro complessivo (anche se non citato puntualmente sopra, รจ in linea con i temi trattati).
Ciascuna di queste fonti รจ stata selezionata per lโautorevolezza e la credibilitร : includono centri di ricerca indipendenti, media internazionali affermati, analisti accademici e rapporti ufficiali. Le citazioni nellโarticolo rimandano direttamente a questi riferimenti, permettendo al lettore di approfondire e verificare in prima persona le informazioni presentate.