Le spese per la difesa (armi e truppe) sono un argomento molto dibattuto tra gli economisti. Alcuni sostengono che abbiano un effetto positivo sul PIL, mentre altri ritengono che siano un uso inefficiente delle risorse. Vediamo entrambe le posizioni e cosa dicono gli studi.
1. L’idea che le spese militari aumentino il PIL
Questa tesi si basa sull’effetto keynesiano della spesa pubblica: il governo spende per la difesa, il denaro circola nell’economia, si creano posti di lavoro e si stimola la produzione industriale. Alcuni effetti positivi possono includere:
- Effetto moltiplicatore: la spesa pubblica in difesa aumenta la domanda aggregata, portando a crescita economica, almeno nel breve periodo.
- Sviluppo tecnologico: molti progressi scientifici e tecnologici (internet, GPS, materiali avanzati) derivano dalla ricerca militare.
- Occupazione: sia diretta (soldati e personale militare) sia indiretta (industrie della difesa, appalti pubblici).
Secondo alcuni studi, il moltiplicatore fiscale della spesa per la difesa potrebbe essere superiore a 1, cioè ogni euro speso genera più di un euro di PIL. Tuttavia, questo dipende dal contesto economico: in tempi di crisi o recessione, la spesa militare può avere effetti più forti.
2. Il lato negativo: spesa inefficiente e “crowding out”
Molti economisti, però, sostengono che le spese militari non siano il miglior modo per stimolare la crescita economica a lungo termine. Alcune critiche includono:
- Effetto “crowding out”: la spesa militare può sottrarre risorse ad altri settori più produttivi, come infrastrutture, istruzione e sanità.
- Redditività bassa: a differenza di investimenti in strade o scuole, i soldi spesi in armi non creano valore duraturo nell’economia.
- Distorsione del mercato: troppa spesa militare può favorire un’economia dipendente dall’industria bellica (come negli USA), riducendo la diversificazione.
Secondo studi del Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), la spesa militare tende ad avere un impatto meno positivo sul PIL rispetto ad altri tipi di spesa pubblica. Uno studio del National Bureau of Economic Research (NBER) ha anche mostrato che, nel lungo periodo, economie con alta spesa militare tendono ad avere una crescita inferiore rispetto a quelle che investono in settori civili.
Conclusione: mito o realtà?
- Nel breve termine, la spesa militare può stimolare il PIL (specialmente in crisi economiche).
- Nel lungo periodo, può rallentare la crescita se sottrae risorse a investimenti più produttivi.
In generale, molti economisti suggeriscono che la spesa pubblica sia più efficace quando è diretta verso infrastrutture, istruzione e ricerca, piuttosto che in armamenti. Quindi, l’idea che le spese militari siano un forte motore di crescita è solo parzialmente vera e molto dipende dal contesto economico e dalle alternative di spesa.
I 600 miliardi di euro della UE in 4 anni per 27 stati
Sono bazzeccole per difendere 27 stati in 4 anni. Già oggi infatti spendiamo sui 400 miliardi l’anno tra tutti i 27 stati e sono del tutto insufficienti quindi tranquilli: con quei soldi non andremo in guerra.
Pensate che i Nostri magazzini sono vuoti ed in caso di guerra i Nostri arsenali difficilmente resisterebbero 1 settimana, in qualche caso qualcosa di più, magari un mese.
Insomma: l’Europa oltre a non essere in grado di fare la guerra a nessuno non è neppure in grado ( oggi come oggi) a difendersi e questa non è una bella notizia.

Esempi pratici
Ecco alcuni esempi di paesi che hanno investito molto in spese militari con risultati negativi e altri che hanno ridotto le spese in armamenti e hanno ottenuto una crescita economica sostenuta.
1. Paesi che hanno speso molto in armamenti e ne hanno sofferto
🔴 URSS (Unione Sovietica)
- Alto investimento militare: Durante la Guerra Fredda, l’URSS dedicava fino al 15-20% del PIL alla spesa militare.
- Effetto negativo: Questo ha causato uno squilibrio economico, con carenza di beni di consumo, stagnazione dell’innovazione nel settore civile e infine il collasso economico dell’URSS nel 1991.
- Lezione: Un’eccessiva spesa militare può soffocare altri settori e portare a crisi economiche strutturali.
🔴 Argentina (1970-1980)
- Alto investimento militare: Durante la dittatura militare (1976-1983), l’Argentina ha aumentato la spesa per l’esercito e per la guerra delle Falkland/Malvinas (1982).
- Effetto negativo: Il paese ha accumulato debito e sofferto una crisi economica con inflazione galoppante, che ha contribuito al crollo della giunta militare.
- Lezione: La spesa militare elevata, senza una solida base economica, può portare a crisi finanziarie.
🔴 Corea del Nord (oggi)
- Alto investimento militare: Secondo le stime, la Corea del Nord spende tra il 20 e il 25% del PIL in difesa, sviluppando un enorme apparato militare.
- Effetto negativo: Il paese è estremamente povero, con una popolazione che soffre di carestie e sotto-sviluppo economico.
- Lezione: Una spesa militare sproporzionata può soffocare la crescita economica e peggiorare le condizioni di vita della popolazione.
2. Paesi che hanno ridotto le spese militari e sono cresciuti economicamente
🟢 Germania (dal 1945 in poi)
- Bassa spesa militare: Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Germania Ovest ha limitato la spesa militare (circa 1-2% del PIL), concentrandosi su industria, istruzione e infrastrutture.
- Effetto positivo: Grazie a questa strategia, la Germania è diventata una delle principali potenze economiche mondiali.
- Lezione: Investire in innovazione e industria porta a crescita sostenibile.
🟢 Giappone (dal 1945 in poi)
- Bassa spesa militare: Dopo la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale, il Giappone ha ridotto le spese militari a circa l’1% del PIL, concentrandosi su tecnologia e infrastrutture.
- Effetto positivo: Negli anni ‘60-’80, il Giappone ha avuto una crescita economica spettacolare, diventando una delle economie più avanzate.
- Lezione: Spostare gli investimenti dalla difesa all’innovazione porta a prosperità economica.
🟢 Corea del Sud (dal 1960 in poi)
- Bassa spesa militare rispetto alla crescita: Nonostante la minaccia della Corea del Nord, la Corea del Sud ha mantenuto una spesa militare relativamente contenuta (circa 2,5-3% del PIL), mentre ha puntato su istruzione, ricerca e tecnologia.
- Effetto positivo: Oggi è un leader mondiale nell’industria tecnologica (Samsung, Hyundai) e ha una delle economie più dinamiche.
- Lezione: Un equilibrio tra sicurezza e sviluppo economico porta a prosperità.
Conclusione: Cosa ci insegnano questi esempi?
- Troppa spesa militare senza una solida economia può portare al disastro (URSS, Argentina, Corea del Nord).
- Investire in settori civili e mantenere una difesa equilibrata porta a crescita economica (Germania, Giappone, Corea del Sud).
- Il contesto conta: Un paese con molte minacce esterne può dover spendere di più in difesa, ma se questa spesa è eccessiva, può danneggiare l’economia a lungo termine.
In sintesi, la spesa militare non è un motore di crescita sostenibile, a meno che non sia accompagnata da un forte investimento in settori produttivi.
La spesa buona dal 2-3% del PIL?
Detto questo, non possiamo pensare a delle nazioni senza difesa. Dotarsi di armi significa innanzitutto deterrenza.
Avere un esercito adeguato o far parte di una coalizione di eserciti che ne forma uno grande come una grande potenza vedi NATO o possibile ESERCITO EUROPEO, fa si che non conviene attaccare una nazione che fa prte di queste coalizioni perchè altrimenti verresti attaccato a ua volta. E’ un discorso semplice, stupido ma che ha funzionato per 70 anni in Europa.
EFFETTO DETERRENZA
Cos’è l’effetto deterrenza militare?
L’effetto deterrenza militare è il principio secondo cui un paese, mantenendo una forza militare credibile e ben equipaggiata, può dissuadere altri stati dall’attaccarlo o minacciarlo. L’idea è che il costo di un attacco diventerebbe così alto per l’aggressore da renderlo non conveniente o irrazionale.
Principi chiave della deterrenza
- Capacità – Un paese deve avere una forza militare sufficientemente potente da infliggere danni gravi a un nemico.
- Credibilità – Il paese deve dimostrare di essere disposto a usare la sua forza militare se necessario.
- Comunicazione chiara – I potenziali nemici devono essere consapevoli della minaccia e delle conseguenze di un attacco.
Tipologie di deterrenza
- Deterrenza nucleare: Basata sul concetto di “Distruzione Mutua Assicurata” (MAD), in cui due potenze nucleari evitano il conflitto per paura di un’escalation catastrofica (esempio: USA-URSS durante la Guerra Fredda).
- Deterrenza convenzionale: Riguarda armi convenzionali e forze armate tradizionali (eserciti, aviazione, marina), che scoraggiano attacchi diretti (esempio: NATO contro eventuali aggressioni).
- Deterrenza asimmetrica: Strategie militari che paesi più deboli adottano per scoraggiare potenze più grandi, come guerriglia, cyber warfare o minaccia terroristica (esempio: Iran con le milizie regionali o Corea del Nord con missili balistici).
Esempi storici di deterrenza militare
- Guerra Fredda (USA vs URSS): Entrambi gli schieramenti possedevano armi nucleari, il che ha evitato un conflitto diretto per paura della reciproca distruzione.
- NATO vs Russia oggi: La presenza di basi NATO in Europa orientale serve come deterrente contro possibili azioni militari russe.
- Israele in Medio Oriente: Israele mantiene una forza militare avanzata e, pur non dichiarando ufficialmente il possesso di armi nucleari, lascia intendere di avere una capacità di ritorsione devastante.
Critiche alla deterrenza
- Costi economici elevati: Mantenere una deterrenza efficace richiede enormi investimenti in armi e tecnologia militare.
- Corsa agli armamenti: Se un paese aumenta la sua deterrenza, i rivali possono fare lo stesso, portando a una spirale pericolosa (esempio: la corsa nucleare USA-URSS).
- Non sempre funziona: In alcuni casi, i leader possono ignorare la deterrenza e agire comunque, come avvenuto con l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022.
L’effetto deterrenza è una strategia che mira a prevenire i conflitti attraverso la minaccia di una risposta militare devastante. Tuttavia, non è infallibile e può portare a un’eccessiva militarizzazione e tensioni geopolitiche.
Se un paese non investe in armamenti e difesa, può trovarsi vulnerabile in caso di attacco.
Senza una forza militare adeguata, ha poche opzioni:
Cosa succede ad un paese senza esercito o del tuto insufficiente in caso di attacco?
- Subire l’invasione senza resistenza.
- Chiedere aiuto a paesi alleati o a organizzazioni internazionali.
- Adottare strategie di resistenza non convenzionale (guerriglia, cyber warfare).
- Arrendersi o negoziare con l’aggressore.
Ecco alcuni esempi pratici di paesi che hanno affrontato aggressioni senza una forte difesa militare.
1. Tibet (1950) – Conquista da parte della Cina
- Situazione: Il Tibet era una nazione indipendente con un esercito molto piccolo e poco equipaggiato.
- Evento: Nel 1950, la Cina di Mao invase il paese con un esercito di circa 40.000 soldati.
- Risultato: Il Tibet non fu in grado di difendersi e nel 1951 firmò un accordo sotto pressione, diventando parte della Cina.
- Lezione: Senza un esercito forte o alleati disposti a intervenire, un paese può perdere la sua indipendenza.
2. Kuwait (1990) – Invasione irachena e salvataggio dagli alleati
- Situazione: Il Kuwait aveva una piccola forza militare rispetto all’Iraq di Saddam Hussein.
- Evento: Nell’agosto 1990, l’Iraq invase e occupò il Kuwait in pochi giorni.
- Risultato: Il paese fu liberato solo grazie all’intervento della coalizione guidata dagli Stati Uniti (Guerra del Golfo, 1991).
- Lezione: Un paese senza una difesa adeguata può essere invaso rapidamente e deve dipendere da alleati più forti.
3. Costa Rica (dal 1948) – Nessun esercito, ma protetto da alleanze
- Situazione: Costa Rica ha abolito l’esercito nel 1948 e investe in istruzione e sanità anziché in difesa.
- Rischi: In caso di attacco, il paese non ha forze armate per difendersi.
- Protezione alternativa:
- Ha accordi di sicurezza con gli Stati Uniti e l’Organizzazione degli Stati Americani (OAS).
- Dipende dalla diplomazia per evitare conflitti.
- Lezione: Un paese può sopravvivere senza esercito se ha una stabilità politica e alleati potenti, ma rimane vulnerabile in caso di aggressione diretta.
4. Georgia (2008) – Conflitto con la Russia
- Situazione: La Georgia aveva un esercito più debole rispetto alla Russia.
- Evento: Nel 2008, la Russia ha invaso la Georgia dopo tensioni in Ossezia del Sud e Abkhazia.
- Risultato: La Georgia ha resistito per pochi giorni prima che la Russia occupasse parte del suo territorio.
- Lezione: Senza una difesa sufficiente o un forte supporto da alleati, un paese può perdere territorio rapidamente.
5. Ucraina (2014 e 2022) – Dalla debolezza alla resistenza
- Situazione nel 2014: L’Ucraina aveva un esercito debole e impreparato.
- Evento: La Russia ha annesso la Crimea senza incontrare grande resistenza.
- Situazione nel 2022: Dopo anni di investimenti in difesa e supporto occidentale, l’Ucraina è riuscita a resistere all’invasione su larga scala.
- Lezione: Un paese con un esercito debole rischia di perdere territori, ma può rafforzarsi nel tempo e difendersi meglio.
Conclusione: Cosa succede a un paese senza armi in caso di attacco?
- Se non ha alleati forti, rischia di essere occupato o annesso (Tibet, Georgia 2008).
- Se ha alleanze forti, può essere salvato (Kuwait 1990, Costa Rica con gli USA).
- Se investe nella difesa dopo un attacco, può migliorare la sua sicurezza (Ucraina 2022).
In generale, la storia dimostra che un paese senza difesa militare è estremamente vulnerabile in caso di aggressione, a meno che non abbia forti alleati disposti a proteggerlo.